19 OTTOBRE 2013

Ho trovato nei file sulla frittura questo interessante studio che vi presenterò in tre parti. Non sono riuscito a risalire all’autore, me ne scuso,  ma considerato il tema interessante volevo condividerlo con Voi.   Quando parliamo della frittura degli alimenti conviene fare delle precisazioni previe in rapporto al suo significato:  

1-      In primo luogo, ci stiamo riferendo alla frittura in immersione d’olio d’oliva (Deep Frying DF), non al soffritto o a qualsiasi altro metodo culinario in cui si utilizza del grasso. Dimenticare questa puntualizzazione può generare molti errori in quanto agli alimenti fritti.

2-      Nella DF, diversamente da altre tecniche culinarie, insieme all’alimento non si consumano tutti i grassi culinari usati, come per esempio nel caso del soffritto o dello stufato. Per prima cosa, l’alimento si sgocciola in modo che solo una piccola parte di grasso, quella che penetra nell’alimento stesso durante il processo, è ciò che si consuma mentre il resto è utile per delle fritture ripetute o altri tipi di preparazione.

In seguito, ritorneremo su alcuni aspetti interessanti dei grassi residuali della frittura, non solo nel rendimento dell’olio d’oliva ma in ciò che attualmente è di gran interesse, ovvero il valore energetico degli alimenti fritti e soprattutto il fatto che questa tecnica culinaria permette di migliorare sensibilmente (quando la si realizza correttamente) la qualità e la quantità dell’ingestione grassa in rapporto alle malattie cardiovascolari.

3-      I cambiamenti che avvengono nei grassi a conseguenza della frittura degli alimenti ed in special modo le caratteristiche del processo di penetrazione che commenteremo in breve, sono molto diversi da quelli che avvengono con i grassi sottoposti al surriscaldamento. Esiste una grande informazione bibliografica che dimostra come in tali condizioni si produce una serie di composti che possono essere altamente tossici. Nonostante ciò, conviene distinguere chiaramente che le situazioni estreme in cui ha luogo il surriscaldamento sono incompatibili con la frittura degli alimenti. Se questi fossero sottoposti a simili condizioni, sarebbero immangiabili o si carbonizzerebbero, mentre è evidente che noi friggiamo gli alimenti per consumarli. Ribadiamo l’importanza del fatto, ma non per questo è meno interessante lo studio di quanto avviene nei grassi sottoposti a processi di surriscaldamento, anche quando i risultati non siano estrapolabili e non  abbiano a che vedere con ciò che avviene nell’alimento fritto. In questo senso, non si dimentichi che in generale si può affermare che l’alimenti si protegge dalle situazioni estreme in qualsiasi processo al quale viene sottoposto e la DF ne è un buon esempio.

4-      La frittura di un alimento impanato o meno e le caratteristiche dell’impanatura sono di grande interesse secondo gli studi svolti, fra i quali segnaliamo quelli di Morton. E’ evidente che non è uguale friggere un pesce infarinato con uno strato molto sottile d’impanatura  o friggerlo con uno strato molto spesso, come in alcune fritture di pesce diffuse nei paesi del nord. In quest’ultimo caso non si tratta di una frittura, bensì  di una cottura poiché il grasso non penetra nell’alimento, ma riamane nello stato che lo ricopre.

5-      Sebbene la cucina casalinga e quella industriale abbiano numerose somiglianze, ciò che fondamentalmente le differenzia è che in quella casalinga l’alimento si prepara al momento del consumo, cosa impossibile da fare nell’alimentazione collettiva. In  questo tipo di alimentazione i cibi devono essere previamente cucinati, conservati, riscaldati e poi mantenuti caldi fino al momento in cui vengono raccolti dal consumatore, secondo i vari sistemi di distribuzione. Nel periodo in cui l’alimento rimane caldo, hanno luogo le maggiori perdite di sostanze termolabili. Perciò, pensiamo che la frittura è idonea specialmente in questi casi, dovuto al fatto che il tempo di preparazione è molto corto, come lo è anche quello dell’azione reale del grasso caldo sullo stesso.

Sarebbe interessante poter disegnare una linea continua di frittura, nella quale la “velocità del nastro” e pertanto il tempo reale dell’azione del grasso caldo sull’alimento sia molto breve e la sua velocità si adatti al numero di persone in attesa del prodotto fritto.

In quanto alle caratteristiche del processo di frittura, codesto è straordinariamente complesso ed in esso intervengono una gran quantità di fattori che spiegano le difficoltà del suo studio. Non ci si deve stupire se uno specialista come M. Dagerskog afferma che “il processo della frittura è l’operazione più importante e più difficile della preparazione industriale o istituzionale degli alimenti” e che questa sia anche l’opinione di K. Paulus, membro del Gruppo di Ricerca sulla Frittura Industriale del Progetto COST-91 della Comunità Europea. Tutti questi fattori si possono suddividere in tre classi: quelli che dipendono dalle circostanze del processo in sé, dal tipo di grasso usato e dalle caratteristiche dell’alimento da friggere.

Possiamo affermare che la Deep Frying è una tecnica in cui si sostituisce una frazione dell’acqua contenuta nell’alimento con il grasso di frittura. Lo scambio ha luogo in due fasi: nella prima una parte importante dell’acqua contenuta nell’alimento deve evaporare; in questa fase la temperatura all’interno dell’alimento stesso permane molto vicina ai 100 °C, come abbiamo avuto modo di verificare nei nostri studi. E’ molto importante tenere in considerazione che ciò avviene indipendentemente dalla temperatura dell’olio dell’immersione e sono necessarie tre precisazioni:

 

  1. a)      Uno dei vantaggi della frittura casalinga è il breve tempo di preparazione, che consiste in alcuni minuti scarsi. Una gran parte di questo tempo corrisponde alla prima fase dell’evaporazione dell’acqua. Se supponiamo che nella frittura di patate il tempo totale è di pochi minuti, possiamo calcolare che i due terzi corrispondono alla fase d’evaporazione in cui, come abbiamo già detto, la temperatura all’interno dell’alimento non supera i 100°C e solamente due minuti corrispondono all’azione del grasso caldo. Ciò è molto importante in rapporto alla possibile aggressione termica del grasso stesso sui componenti nutritivi termolabili, come potremo vedere in seguito.
  2. b)      Il processo si svolge praticamente in assenza di ossigeno.
  3. c)      Una volta evaporata l’acqua, comincia la seconda fase consistente nella penetrazione del grasso caldo nell’alimento. Riassumeremo come le conseguenze della penetrazione sono altamente positive, quando la frittura si porta a termine correttamente.
  4. 1 –La DF, rispetto ad altri metodi culinari, aggredisce di meno i componenti termolabili degli alimenti. La quantità di vitamina C persa nel processo di frittura in immersione d’olio d’oliva è minore in rapporto a quella di altri processi culinari, come il soffritto e lo stufato. Si ricordi che proprio il coefficiente di ritenzione della vitamina C viene normalmente usato come indice d’aggressione del processo industriale o culinario sul valore nutritivo. In due alimenti vegetali con differenti livelli di vitamina C, la patata con un basso contenuto e il peperone con un contenuto molto più alto, al friggerli in olio d’oliva il loro coefficiente di ritenzione è dello stesso ordine, un 70%  circa; ciò significa che in tutti e due i casi  si perde solamente un 30% , mentre nel processo di soffritto/stufato, le perdite sono del 75% circa, in entrambi i casi. Così si dimostra che, come abbiamo detto, il processo di frittura, indipendentemente dai livelli di vitamina C e nelle condizioni da noi indicate, conserva il valore nutritivo generale degli alimenti molto meglio che altre tecniche culinarie. La spiegazione di tale fatto si riscontra nelle anteriori considerazioni sul minor tempo di azione del grasso caldo sull’alimento stesso e nella mancanza d’ossigeno.
  5. 2 –Lo scambio dell’acqua con il grasso e specialmente la formazione della crosta esterna aumenta considerevolmente la palatabilità degli alimenti fritti.
  6. 3 –Quando la frittura si esegue correttamente, la quantità di grasso ingerita, come già si è venuti affermando, non è maggiore che in altri procedimenti nei quali si prevede l’uso di grasso. Questo fatto era molto conosciuto nei paesi del mediterraneo, dove popolarmente si mette in discussione (per esempio nel caso del pesce fritto) se il processo di frittura si è svolto correttamente e soprattutto se lo sgocciolamento è stato quello adeguato, poiché il pesce fritto non deve ungere la tovaglia o la carta in cui viene avvolto.

c. 4 – Durante il corso della frittura avvengono, come abbiamo già commentato e su cui ritorneremo, degli importanti cambiamenti qualitativi e quantitativi nella composizione grassa degli alimenti fritti che permettono che l’ingestione grassa della quale fanno parte gli alimenti fritti possa essere differente o migliore.